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Lavoro Il contributo dell’intelligenza artificiale nel lavoro

Il contributo dell’intelligenza artificiale nel lavoro

L’impiego di software di intelligenza artificiale potrebbe cambiare il modello tradizionale secondo il quale lavoriamo oggi.

Lo scenario futuristico presente in passato nell’immaginario collettivo, che prospettava un’intelligenza artificiale sempre più simile alla mente di un essere umano, si è progressivamente trasformato in realtà.  L’innovazione ed il progresso tecnologico hanno fatto dei passi da gigante nella giusta direzione, a partire dall’ AI Act, una proposta di legge europea per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale.

Se prima venivamo colpiti dai dialoghi con gli assistenti vocali che esaudivano le nostre richieste eseguendo delle operazioni a comando (svolgere una ricerca sul web, effettuare una chiamata, impostare un timer), adesso possiamo chiedere all’Intelligenza artificiale di scrivere una storia, redigere un articolo di giornale, creare un disegno o chiedere informazioni su qualsiasi argomento. Basta accedere ad uno dei tool di AI reperibili online ed avanzare una richiesta di qualsiasi tipologia, fornendo alcuni specifici input. 

Le opportunità sul lavoro

La crescente popolarità di questo strumento ha portato molti professionisti a sperimentarlo nel proprio lavoro. Non a caso la domanda più ricorrente su questo fronte è proprio “l’intelligenza artificiale sarà mai in grado di sostituire alcune categorie di lavoratori?”. 

L’obiettivo dell’intelligenza artificiale è quello di riuscire ad emulare azioni e pensieri tipici di una mente umana tramite sistemi informatici: ciò va dunque oltre le capacità di calcolo di un classico computer e comprende altri tipi di intelligenza, tra cui quella sociale, cinestetica e introspettiva. Tali sistemi vengono programmati dagli esseri umani con una serie di informazioni utili per rispondere alle richieste, ma riescono anche ad imparare dai propri errori tramite il machine learning (apprendimento automatico), in quanto i programmatori non possono prevedere tutte le casistiche in cui un’AI può trovarsi ad operare.

Anziché parlare di sostituzione, sarebbe più appropriato considerare questi strumenti come un supporto al proprio lavoro, sfruttandoli per operazioni più semplici e ripetitive. Nel mondo del giornalismo, un esempio sono le trascrizioni automatizzate, che permettono ad un giornalista di risparmiare tempo dedicandosi ad altre mansioni, apportando solamente alcune correzioni. O ancora, l’AI può essere impiegato per mappare trend e notizie di importante rilevanza che possano poi essere approfonditi.

La questione è ampiamente discussa anche nel settore dell’arte, con l’avvento di algoritmi di intelligenza artificiale capaci di generare immagini basate su descrizioni testuali, come Dall-E. Le opere create non sono perfette e, secondo alcuni, utilizzare questo sistema per fare arte andrebbe in contrasto con il classico fluire del processo creativo. Tuttavia, per altri, potrebbe contribuire alla creatività fornendo un primo spunto per la realizzazione di un’opera eseguita da un reale artista, a cui potrebbe alleggerire il lavoro.

Imparare dagli errori tramite l’AI

Un’applicazione efficace delle tecnologie di intelligenza artificiale potrebbe trovarsi nel mondo aziendale. Secondo uno studio di MIT Sloan e Boston Consulting Group, l’AI potrebbe consentire ai dipendenti di imparare dai propri errori passati, prendere migliori decisioni e formulare accurate previsioni future. L’AI potrebbe dunque semplificare la giornata lavorativa di un qualsiasi impiegato, fornendogli maggiore indipendenza e aumentando il suo livello di produttività.

Come tutte le più grandi innovazioni, l’Intelligenza Artificiale va incontro a plausi e critiche, rappresentando comunque un progresso di larga portata, le cui capacità di domani saranno sempre superiori a quelle del giorno precedente. Lo scenario secondo cui ci sarà una totale sostituzione dell’uomo è relegato alle opere di fantascienza, e dunque subire il fascino di queste tecnologie oggi è più che lecito. Anzi, la nostra curiosità e voglia di sperimentare il progresso è ciò che ci rende più umani.

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