Al via Congresso Sir, primo documento prevenzione attiva in reumatologia
Roma, 28 nov. (Adnkronos Salute) - Prevenire le malattie reumatologiche è possibile, e oggi necessario, per ridurne il forte impatto sul nostro Sistema Paese: i costi per farmaci, ricoveri ospedalieri, riabilitazioni, perdita di produttività e pensionamenti anticipati ammontano a oltre 4 miliari di euro l’anno. Del resto, sono patologie molto diffuse: solo l’artrosi e l’artrite riguardano il 14% dell’intera popolazione. È quindi prioritario promuovere campagne di prevenzione attiva a livello nazionale ed educare la popolazione a evitare i fattori di rischio specifici. Al tempo stesso le malattie vanno integrate nei piani sanitari nazionali-regionali favorendo così le diagnosi precoci e l’accesso ai trattamenti innovativi. Sono i contenuti del documento ‘La prevenzione in reumatologia’ - si legge in una nota - redatto e promosso dalla Società italiana di reumatologia (Sir) presentato in occasione della prima giornata del 61.esimo Congresso nazionale della società scientifica che si apre oggi a Rimini.
“Oltre 5 milioni di persone in Italia sono afflitti da una forma più o meno grave di malattia reumatologica - sottolinea Giandomenico Sebastiani, presidente nazionale Sir - Per esempio, l’osteoporosi colpisce più di 3,5 milioni di donne e nel 2022 ha causato oltre 89mila ospedalizzazioni per fratture del collo del femore tra gli anziani. Vi sono poi i casi più severi e disabilitanti di malattia reumatologica che ammontano a oltre 734mila e questi pazienti hanno bisogno di costanti monitoraggi clinici-ambulatoriali. Come per molte altre patologie la componente genetica riveste un ruolo importante nell’insorgenza. Infatti colpiscono anche uomini e donne giovani, apparentemente in buono stato di salute e senza pericolosi vizi. Esistono però dei fattori di rischio individuali modificali sui quali intervenire. Tra questi ricordiamo il fumo di sigaretta, una dieta troppo ricca di grassi animali, la tendenza alla sedentarietà, l’obesità e l’eccesso di peso, il sovraccarico articolare e alcune infezioni. Per esempio, una scarsa igiene orale è collegata all’artrite reumatoide e potrebbe favorire anche il lupus eritematoso sistemico o la sindrome di Sjogren. Ciò è dovuto ad alcuni batteri in grado di colonizzare la mucosa orale e le gengive e incentivare la produzione di autoanticorpi”.
Gli stili di vita sani “influiscono anche sul benessere dell’apparato muscolo-scheletrico - aggiunge Andrea Doria, presidente eletto Sir - Il fumo non provoca solo tumori, disturbi respiratori o patologie cardio-vascolari, è il fattore ambientale più strettamente associato allo sviluppo di malattie reumatologiche immunomediate. Le sigarette influiscono su alcuni enzimi coinvolti nella patogenesi dell'artrite reumatoide e aumentano del 50% il rischio di lupus eritematoso sistemico. Diversi studi stanno indagando sul ruolo che il pericoloso vizio può avere nelle miopatie infiammatorie idiopatiche o nella malattia di Sjögren”.
Ad esempio “una gestione corretta del peso - illustra il professore - attraverso una dieta equilibrata e l'esercizio fisico, può aiutare a ridurre l'infiammazione sistemica e migliorare la salute generale. Lo sport poi favorisce la mobilità articolare, incrementa la massa muscolare, migliora la funzione immunitaria e riduce lo stress. Può ridurre il rischio o ritardare l’insorgenza di alcune malattie. Per questo come reumatologi lo consigliamo a tutti, sia ai nostri pazienti che a tutti i cittadini. Lo stesso vale per la dieta mediterranea che risulta la migliore e la più salutare anche per prevenire molte forme di artriti. Quindi via libera al consumo di verdure e cereali, olio d’oliva, pesce, latticini e zuccheri semplici”.
A tale proposito, “oltre alla prevenzione primaria attiva è fondamentale anche quella secondaria - ossserva Ennio Lubrano di Scorpaniello, vicepresidente Sir - Per arrestare il decorso, ed evitare l’aggravamento delle malattie, sono cruciali una diagnosi precoce e la tempestiva presa in carico da parte dello specialista. A differenza di alcuni tumori, per le malattie reumatologiche non sono disponibili programmi di screening. È importante sensibilizzazione la popolazione sui primi campanelli d’allarme che devono far pensare all’esordio di una patologia. Da questi bisogna arrivare il prima possibile ad una visita e ad esami diagnostici come, ad esempio, alcuni test ematochimici. In particolare vi è il dosaggio degli indici bioumorali di infiammazione e degli autoanticorpi. Tra l’imaging ha invece assunto grande importanza l’ecografia muscoloscheletrica come esame di primo livello”. Infine, “vi è la prevenzione terziaria che si pone l’obiettivo di gestire e migliorare la qualità della vita del paziente e vuole anche contenere gli esiti ed il progressivo danno causato delle malattie reumatologiche - sostiene Carlomaurizio Montecucco, presidente di Fira, Fondazione italiana per la ricerca in reumatologia - Le strategie disponibili sono diverse e comprendono alcuni trattamenti farmacologici avanzati, la riabilitazione, la complicata gestione del dolore e più in generale un supporto continuo e qualificato al paziente. Anche nell’evitare complicanze e ricadute della malattia un ruolo importante è quello degli stili di vita. L’attività fisica, un’alimentazione sana, il controllo del peso corporeo, la cessazione del fumo o un consumo limitato di alcol sono tutti fattori che influiscono sul decorso della patologia”.
Il 61.esimo congresso nazionale della Sir vede per tre giorni riuniti a Rimini oltre 1.500 specialisti da tutta Italia. Sono previsti più di 160 relatori per un totale di 60 sessioni e 8 Hands On. “Il programma scientifico, del nostro più importante meeting, prevede momenti di approfondimento dedicati a tutte le principali malattie - conclude Sebastiani - In reumatologia registriamo continui e rapidissimi progressi scientifici a livello clinico-diagnostico ma anche nello studio della patogenesi. Si rende perciò necessario un aggiornamento costante e di elevata qualità ed è compito della nostra Società Scientifica garantirlo a tutti i professionisti che lavorano nel nostro Paese”.