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Tecnologia Il diritto d'autore ai tempi di ChatGPT

Il diritto d'autore ai tempi di ChatGPT

Le nuove tecnologie sono ormai parte integrante della nostra vita. Esploriamo come garantire la tutela dei diritti d'autore in un ambiente digitale dominato da ChatGPT.

L’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua versione di AI generativa, rappresenta un’opportunità per rendere le attività produttive più efficienti, consentendo all’essere umano di dedicare meno tempo alle routine e di focalizzarsi maggiormente su attività strategiche.

Tuttavia, l’attuale assenza di una specifica regolamentazione circa il suo utilizzo rischia di mettere a repentaglio il copyright dei contenuti “creati” da Chat GPT, acronimo di Chat Generative Pre-trained Transformer, un particolare chatbot sviluppato da OpenAI e capace di generare il testo in maniera autonoma. Da un lato, infatti, assistiamo a un incremento significativo di casi di copiatura e plagio, dall’altro lato editori e content creator si stanno rendendo conto della difficoltà per il titolare del diritto d’autore di tutelare i propri diritti.

Scopriamo come funziona l’attuale tutela del diritto d’autore e a che punto siamo circa l’implementazione di nuove misure che regolino l’uso dell’intelligenza artificiale.

L’AI Act

L'Artificial Intelligence Act (AI Act) è una proposta di regolamento dell'Unione europea. Proposto dalla Commissione europea il 21 aprile 2021, ha ricevuto il voto del Parlamento europeo il 13 marzo 2024: esso mira ad introdurre un quadro comune normativo e giuridico per l'intelligenza artificiale.

L’AI Act, che dovrebbe entrare in vigore entro due anni, prevede che sistemi come ChatGpt vengano sottoposti a regole su sicurezza informatica, trasparenza dei processi di addestramento e condivisione della documentazione tecnica.

Quindi, con l’entrata in vigore della legge, non si potrà usare l’AI per analisi di dati biometrici sensibili (come convinzioni politiche, religiose e razziali) e non sarà possibile fare scraping non mirato di immagini, ovvero sarà vietato raccogliere immagini facciali da Internet o da telecamere a circuito chiuso per creare database di riconoscimento facciale senza specifici obiettivi.

Nonostante l’AI Act sembri colmare diverse mancanze a livello regolamentare, rimangono ancora abbastanza zone scoperte per quanto riguarda il tema del diritto di autore.

La legislazione italiana

La legge italiana sul diritto d’autore (Legge 633/1941) non disciplina ancora in modo esplicito l’ipotesi di opere generate da computer; ai sensi della legge italiana i sistemi di intelligenza artificiale sono privi di personalità giuridica, e quindi non è presente nell’elenco di soggetti nei cui confronti la legge può essere trovare applicazione.

Ne consegue che, affinché un’opera di Chat GPT sia ritenuta meritevole di protezione ai sensi della legge sul diritto d’autore, deve necessariamente ravvisarsi un contributo creativo di una persona fisica che, allo stato attuale, non è dimostrabile.

Come garantire il diritto d’autore con l’IA

In attesa di nuovi interventi legislativi più mirati, come è possibile tutelare il diritto d’autore delle opere AI generated? Secondo Valerio Pastore, Founder e CEO di Cyber Grant, startup specializzata nel diritto d’autore, una strada da percorrere può essere la crittografia, attraverso di tecnologie di criptazione e decriptazione che permettono alle aziende e ai creator di proteggere i contenuti. Quelle attualmente disponibili sul mercato sono però difficili da usare per l’utente finale e impongono barriere all’adozione da parte delle aziende legate anche ai costi e ai settaggi di implementazione.

“La sfida che il settore Cyber ha di fronte – afferma Valerio Pastore - è quella di rendere accessibile le tecniche crittografiche al più vasto pubblico, di individui, organizzazioni e imprese, puntando su interfacce e ux semplici, che in modo intuitivo, attivano i più sofisticati livelli di crittografia su cui si basano, ma che non devono essere di impedimento all’esperienza dell’utilizzatore finale.  La nostra (Filegrant), per esempio, impiega algoritmi di crittografia di livello militare per garantire la massima sicurezza nella condivisione dei file, non solo proteggendo i dati durante la trasmissione ma assicurando anche che i file rimangano cifrati e inaccessibili durante la conservazione su server remoti o che non risultino duplicabili. Sono strumenti che permettono anche di gestire in modo protetto la visualizzazione dei file, impedendo il download del file originale per evitare fughe di dati. Funzioni particolarmente utili per documenti sensibili che richiedono una visualizzazione sicura senza la possibilità di duplicazione o condivisione non autorizzata. Alcune di queste permettono di utilizzare file cifrati e legalmente firmati come prove di autenticità in sedi assicurative o processuali.”

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Adnkronos 14 Maggio 2024 | 18:27
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