Russia-Cina, cosa vuole Putin e cosa offre Xi: lo scenario
Roma, 21 mar. (Adnkronos) - "La Russia in questo momento oltre al sostegno politico ha bisogno di sostegno economico e militare. Le servono soldi e armi, però la Cina è un po' restia" perché "ha paura delle sanzioni secondarie, teme che le proprie aziende vengano sanzionate per fornire tecnologie militari alla Russia". E "non credo che arriverà un supporto massivo diretto" al Cremlino dal gigante asiatico che al contempo è "importantissimo" per Kiev "per l'eventuale supporto economico nella ricostruzione". Parla così con l'Adnkronos Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice senior dell'Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale presso l'Ispi mentre il leader cinese per il secondo giorno di colloqui con Vladimir Putin e mentre a Kiev è arrivato il premier giapponese Fumio Kishida. Più di un anno fa, prima dell'inizio della guerra in Ucraina, il leader cinese e il capo del Cremlino avevano consolidato un'intesa "senza limiti" e Tafuro ragiona su quello che sembra essere "l'unico limite strutturale della partnership 'senza limiti' che invece Xi e Putin dicono di avere".
Si dice "molto pessimista" se le si chiede se abbia qualche speranza di sviluppi positivi nel breve termine per porre fine al conflitto in Ucraina, parla di "una certa tracotanza" con il pensiero rivolto a Putin a Mariupol o al capo del Cremlino che "si burla del mandato d'arresto della Cpi". "Non vediamo spiragli per una posizione più flessibile - dice - Vedo che sia la Russia che l'Ucraina sono sempre più ferme nelle proprie posizioni, sempre più sicure che la vittoria avverrà sul campo di battaglia e quindi che il negoziato è in questo momento impossibile".
E, prosegue, "non credo francamente che la Cina abbia né la voglia né la capacità di imporsi sulla Russia". "C'è il desiderio che la Cina si ponga in maniera forte, non con piani di pace come quelli che abbiamo visto - osserva - ma la Cina non può farlo, per ora non lo fa". Piuttosto, secondo l'esperta, è possibile "un'attività cinese un po' dietro le quinte, magari un'attività di persuasione nei confronti di Mosca" per la fine "al più presto" di questo conflitto proprio "perché comunque da parte cinese non c'è un interesse ad amplificare il sostegno militare alla Russia".
Tafuro parla delle "basi fragili" dell'iniziativa cinese di febbraio che non fa che "ribadire le proprie istanze e l'ambiguità della propria posizione", ma al contempo sottolinea come Kiev non abbia "condannato quel piano di pace decisamente pro-russo". Non l'ha fatto, secondo l'esperta, perché la Cina "è l'unico Stato ad oggi" che potrebbe "avere un'influenza sulla Russia di Putin a livello politico ed economico" e perché Pechino "potrebbe essere un attore fondamentale nell'ambito della ricostruzione" dell'Ucraina. "", dice.
L'esperta evidenzia il "valore simbolico molto forte" che la visita di Xi a Mosca ha per i russi perché, rimarca, "all'indomani del mandato d'arresto della Cpi per Putin è fondamentale far vedere che non è proprio isolato, che uno dei maggiori leader internazionali si reca di persona a Mosca ed è pronto a offrire il proprio appoggio almeno a livello retorico al regime". E, aggiunge, "dal punto di vista dell'immagine della Russia, soprattutto a livello di opinione pubblica interna, questa visita ha un'importanza enorme".
E ci sono i risvolti economici. "Dal punto di vista russo - afferma - una delle cose più ambite sono gli accordi energetici". A Mosca si auspica un "progresso" per quanto riguarda il gasdotto 'Power of Siberia 2', per fornire gas alla Cina, una "infrastruttura fondamentale per compiere quella transizione verso est che Mosca sta pensando di instaurare ormai da anni". Per la Russia c'è anche la questione della "sostituzione delle forniture elettroniche e di alta tecnologia occidentali con quelle cinesi". La Cina, prosegue l'esperta, "sta già diventando un po' una fonte alternativa per molti beni, come ad esempio le automobili" dopo che il settore in Russia "è stato messo in ginocchio dalle sanzioni occidentali".
Sanzioni decise mentre prosegue una guerra che nel febbraio dello scorso anno era "iniziata come una guerra essenzialmente di Putin" e che "si è evoluta, anche grazie alla macchina della propaganda del Cremlino, diventando sempre più - osserva Tafuro - una guerra dei russi". Sia perché tra i russi c'è chi si è "semplicemente adattato ormai a questo nuovo stato di cose", sia perché ci sono altri che "hanno perso qualcuno o che hanno qualche parente mobilitato" e per i quali ormai "è diventata anche la loro guerra". E ci sono anche "persone all'interno delle élite politiche, economiche che vedono il proprio destino, il proprio ruolo legato a quello di Putin".
Se il capo del Cremlino "riuscirà a portare a casa un risultato tutto sommato positivo dopo questa guerra, è probabile - rileva - che continuerà a essere il leader benvoluto e sostenuto dalla popolazione interna". Ma, conclude, "è ancora presto per dire se Putin risentirà a livello politico" di quanto accade da oltre un anno ed "è chiaro che la Russia non è una democrazia liberale in cui il peso delle opinioni pubbliche incide direttamente sul risultato elettorale e ci sono molti altri fattori da considerare".